Risposte della Comunità parrocchiale San Fulgenzio
ad alcune Domande per la recezione e l’approfondimento della Relatio Synodi
Roma, 5 febbraio 2015
Premessa
Il Consiglio Pastorale, considerata la brevità del tempo a disposizione per offrire alla Diocesi un contributo alla preparazione del Sinodo 2015, ha scelto di coinvolgere la Comunità parrocchiale mediante un’assemblea, sottoponendo ad essa sei delle quarantasei domande proposte. Nella prima parte l’assemblea si è divisa in gruppi, ciascuno dei quali ha dato risposta ad una domanda. Nella seconda parte essa ha ascoltato le risposte formulate dai gruppi e ha proposto ad esse emendamenti.
La forma delle sei risposte che presentiamo è piuttosto disomogenea, ma, considerato che il nostro contributo confluirà con numerosi altri nell’unico contributo della diocesi, non abbiamo ritenuto utile fare nessun lavoro redazionale per rendere più omogeneo il nostro contributo.
Domanda 24
Si è consapevoli che il rapido evolversi della nostra società esige una costante attenzione al linguaggio nella comunicazione pastorale? Come testimoniare efficacemente la priorità della grazia, in maniera che la vita familiare venga progettata e vissuta quale accoglienza dello Spirito Santo?
Si ritengono importanti e valide le considerazioni emerse in un’assemblea dello scorso anno. Sono quindi qui riportate:
C’è distanza tra la dottrina della Chiesa e la vita, perché la prima manca di realismo: il modello è proposto come idealità che schiaccia, non come cammino. I giovani non riescono a confrontarsi con gli ideali proposti dalla dottrina e che i genitori cercano di vivere, perché ritengono che siano modelli da loro non realizzabili;
C’è distanza tra la gerarchia (il suo linguaggio e i contenuti proposti) e la vita reale: si sente il bisogno di una mediazione, che potrebbe scaturire da un maggior ascolto, da parte della gerarchia, dei laici e dei preti che lavorano nelle realtà parrocchiali.
Altre considerazioni
- Linguaggio curiale troppo sfumato, le parole non rispondono alla realtà, non si arriva alle persone. I discorsi dovrebbero tradursi nella vita concreta.
- Continuare ad usare un linguaggio e delle parole come se queste avessero ancora lo stesso significato per tutti non è più praticabile: le parole andrebbero sempre “tradotte”, il loro significato spiegato.
- Nell’intento di attualizzare la dottrina tradizionale, non correre il rischio di impoverire i contenuti a favore di una migliore comunicazione.
- Il linguaggio è inscindibile dal contenuto. Al di là delle dichiarazioni generiche di disponibilità ed accoglienza, mancano nuovi contenuti nel dibattito teologico, che portino in avanti nel concreto le posizioni note.
- Importanza della testimonianza nella famiglia e nella parrocchia.
- Lavorare sulla Parola, centrale, per tradurla nella realtà.
- Vi è un problema di mutamenti “assiali” nella società e nella famiglia: le pratiche una volta valide non lo sono più, l’idea di famiglia tradizionale per le gerarchie non corrisponde più alla realtà.
- Sollecitare alla felicità e alla realizzazione della vita, la gioia, la misericordia, più che insistere solo su divieti. Non trasmissione di valori, ma testimonianza di progettualità e umanità
Domanda 31
La pastorale di accompagnamento delle coppie nei primi anni di vita familiare – è stato osservato nel dibattito sinodale – ha bisogno di ulteriore sviluppo. Quali le iniziative più significative già realizzate? Quali gli aspetti da incrementare a livello parrocchiale, a livello diocesano o nell’ambito di associazioni e movimenti?
Dopo la preparazione del matrimonio, le coppie si perdono e non hanno molte occasioni di incontro; sarebbe utile formare un gruppo di giovani famiglie per sostenersi e aiutarsi.
Occorre però tener presente un fattore: il trasferimento delle giovani famiglie, la loro dispersione, soprattutto rispetto ad un quartiere come la Balduina, è un fatto reale. Non tutti riescono a mantenere economicamente la propria famiglia in un quartiere di tipo residenziale.
Una proposta per queste famiglie che hanno la necessità di allontanarsi e di trasferirsi sarebbe quella di trovare un modo per agevolare il loro inserimento nelle nuove parrocchie.
Probabilmente manca dopo la preparazione al matrimonio un percorso da offrire alla famiglia. La difficoltà nasce anche dal fatto che nei primi anni di matrimonio, le coppie con figli o meno tendono ad essere chiuse in se stesse, concentrate sulle loro difficoltà e sulle questioni pratiche ed organizzative.
La Catechesi che viene fatta per la preparazione dei Battesimi, è un modo per ricontattare, seguire e tenere unite le giovani famiglie. È nello scambio dell’esperienza e della vita vissuta che avviene la vicinanza comune, specie nei cambiamenti e negli sconvolgimenti legati alla nascita di un figlio. È importante creare un accordo tra le famiglie che vivono e che hanno vissuto questa esperienza, trovare un’occasione di scambio, di condivisione e anche di semplice sfogo. Molto dipende anche dall’iniziativa della Comunità: invitare le persone, trovare il modo di avvicinarle (un compleanno, una cena) al fine di creare un rapporto di comunione, basato sull’esperienza.
La coppia chiusa in se stessa, che non si confronta e non ha la possibilità di condividere con altri questioni, dubbi, problematiche etc. potrebbe arrivare anche a “scoppiare”.
La percezione delle famiglie con bimbi appena nati è però spesso questa: finché non viene intrapreso il percorso del catechismo, difficilmente ci si sente accolti (per es.: a volte è la stessa Comunità che non accoglie e mal sopporta durante la Messa i bimbi piccoli magari rumorosi).
Nella fase di una vita matrimoniale appena intrapresa (giovani sposi) e nel caso di famiglie con bimbi piccoli, il passare tempo dentro la parrocchia potrebbe essere un fine, al di là ed oltre gli intenti pastorali.
Occorre richiamare l’attenzione delle famiglie: per esempio attraverso spazi fisici (giardino, piccolo parco giochi, campetto) dove far ritrovare i figli, e favorire l’aggregazione dei genitori.
Una modalità che faccia da volano sia per coloro che normalmente frequentano la parrocchia sia per quelli che la parrocchia non la frequentano. Le proposte di Fede potrebbero essere il seguito di queste occasioni di incontro.
La parrocchia funzionerebbe per le giovani coppie se fosse una sorta di piccolo paese. Salvo che la nuova tendenza delle parrocchie all’apertura alle famiglie ha anche un suo rischio. Il senso della propria responsabilità, per esempio nell’utilizzo dei locali della Parrocchia, può venire a scontrarsi con la poca attenzione e la poca cura dei singoli.
Un’esperienza fatta in passato presso la Parrocchia di San Fulgenzio è la seguente: quando nel quartiere erano presenti molte famiglie con bimbi piccoli (in origine diverse palazzine del quartiere erano delle cooperative, quindi a costi più accessibili) si decise di far conoscere i bimbi tra di loro, e si organizzò una sorta di asilo “volante” la mattina della domenica con due genitori che a turno tenessero i bimbi durante la messa (Il Pupaio). Un’esperienza che andò avanti per qualche anno e che nel tempo si pose il problema di fare conoscere Gesù ai bambini.
Partendo invece dal percorso di preparazione delle coppie al Matrimonio, strutturato in 5 incontri incentrati sul nucleo del Vangelo ed altri 3 incontri o più in cui è la propria esperienza a parlare, un’occasione questa in cui lo scambio e la condivisione assume toni spesso anche molto vivaci, ciò che si verifica è che se si dovesse o potesse continuare un lavoro con queste coppie, sarebbe importante avere una coppia che svolgendo una sorta di “tutoraggio” o “padrinato” si faccia conoscere e metta in comune con gli altri la propria esperienza o per esempio la propria casa. I muri del quartiere, le diffidenze si abbassano più facilmente quando c’è un dialogo comune nel carisma dell’amicizia. L’importante è non partire da un volontariato generico, ma è necessaria una scelta della coppia che abbia in sé il piacere e il tempo di seguire ed interessarsi alle altre famiglie.
L’importanza dei movimenti. Si riporta l’esempio dell’Equipe Notre Dame, che sostiene e aiuta le coppie (non è un gruppo di appartenenza; non è invasivo né sradica dalla parrocchia di provenienza, anzi sollecita l’inserimento nella parrocchia stessa).
Quale che sia l’ipotesi che viene fuori come proposta (pupaio, giochi per i bambini o tutoraggio delle famiglie) la questione fondamentale è dare continuità al percorso che viene intrapreso, garantirne la fattibilità nel tempo, l’interesse costante. Questo per non vanificare l’impegno di chi da sempre si dà da fare.
Il volontariato è un impegno serio, è necessaria la condivisione e la capacità di sostenersi a vicenda.
PROPOSTA:
La proposta dell’Equipe Notre Dame è una buona proposta di incontro per le giovani coppie non solo all’interno della Parrocchia.
Nell’ambito stesso della coppia l’appuntamento fisso cosiddetto “Il dovere di sedersi” crea un’occasione di confronto al di là del muro e degli ostacoli spesso creati nella coppia dalle questioni pratiche e legate ai figli; l’idea quindi di non perdere di vista l’importanza della coppia. E ancora l’organizzazione di un incontro al mese tra le diverse coppie, incontri nelle case, reciprocità, scambio, con o anche senza bambini.
I passaggi e gli appuntamenti che la coppia porta avanti da sola durante il mese che precede gli incontri: preghiera personale, preghiera di coppia, confronto con la parola.
Rimane la richiesta di pensare alla Parrocchia anche come spazio fisico comune.
Domanda 35
La comunità cristiana è pronta a prendersi cura delle famiglie ferite per far sperimentare loro la misericordia del Padre? Come impegnarsi per rimuovere i fattori sociali ed economici che spesso le determinano? Quali passi compiuti e quali da fare per la crescita di questa azione e della consapevolezza missionaria che la sostiene?
È importante che la comunità cristiana sia aperta e ci sia una totale sospensione del giudizio e apertura alla misericordia. Abbandonare i pregiudizi e i giudizi.
È importante riappropriarsi dell’aspetto missionario. Necessita l’attenzione della comunità parrocchiale a problemi che prima si pensava dovessero essere chiusi tra le quattro mura di casa.
Proponiamo che siano offerti giorni e tempi nei quali le persone ferite che lavorano possano essere ascoltate dalla comunità (non solo dal parroco).
La comunità cerca di usare tutti i canali già esistenti per conoscere queste situazioni di disagio: il doposcuola, i diversi gruppi, il catechismo ecc.
La comunità si impegni di più a pregare per queste famiglie ferite.
La comunità si fa attenta alle situazioni economiche difficili cercando di farsi carico e prendersi cura di tali emergenze.
Come appartenenti alla comunità essere più aperti e capaci di andare incontro agli altri, altrimenti non si può venire a conoscenza di situazioni di disagio.
La comunità cristiana deve essere vicino al sacerdote, si potrebbe formare un’equipe che lo aiuti in questo accompagnamento delle famiglie ferite.
Creare gruppi di ascolto per stimolare un processo di auto-aiuto.
L’importanza della testimonianza di vita matrimoniale già consolidata può essere un aiuto per i giovani che si stanno preparando al matrimonio.
Riteniamo che sarebbe utile non perdere di vista le coppie sposate, non solo nei primi anni di matrimonio, ma anche dopo.
Domanda 38
La pastorale sacramentale nei riguardi dei divorziati risposati necessita di un ulteriore approfondimento, valutando anche la prassi ortodossa e tenendo presente «la distinzione tra situazione oggettiva di peccato e circostanze attenuanti». Quali le prospettive in cui muoversi? Quali i passi possibili? Quali suggerimenti per ovviare a forme di impedimenti non dovute o non necessarie?
Ferma la necessità di un approfondimento, si riconosce l’opportunità – nel tempo breve – di valutare, caso per caso, le ragioni della crisi coniugale valorizzando, per quanto possibile, le ipotesi in cui tale crisi possa essere sanzionata attraverso il riconoscimento della nullità del vincolo matrimoniale.
Tuttavia è opportuno che la Chiesa rifletta sui modi in cui è possibile assegnare il crisma del valore sacramentale non semplicemente alla puntualità di un atto, ma allo svolgimento dinamico di un rapporto. Se il sacramento si proietta nella storia, è attraverso la storia che può esser giudicata la violazione del segno che nel medesimo si sostanzia.
C’è spazio per un riconoscimento da parte della Chiesa della dignità, del valore morale e spirituale, di una seconda unione?
Nella Chiesa ci dovrebbe essere spazio per due possibilità: affrontare la crisi della propria unione, rimanendo fedeli al proprio coniuge, anche quando non c’è più la coppia e accettare che la comunione sia finita definitivamente e poter guardare oltre.
Domanda 40
Come la comunità cristiana rivolge la sua attenzione pastorale alle famiglie che hanno al loro interno persone con tendenza omosessuale? Evitando ogni ingiusta discriminazione, in che modo prendersi cura delle persone in tali situazioni alla luce del Vangelo? Come proporre loro le esigenze della volontà di Dio sulla loro situazione?
La parola tendenza è in qualche modo riduttivo, impreciso e sottende l’idea che sia reversibile o curabile. Sarebbe preferibile la parola “orientamento”.
Il primo punto della domanda, pone la presenza di una persona omosessuale come problematica.
Il termine “esigenza della volontà” di Dio è pesante. È l’unica istanza di questo tipo in tutto il documento. L’unica esigenza della volontà di Dio è l’amore e questo vale per tutti, perché tutti siamo figli di Dio. Le persone non possono essere ridotte a categorie.
Ci devono essere dei segni sensibili di accoglienza a livello di linguaggio e accoglienza sacramentale da parte della comunità.
A esempio, andrebbe esplicitato che l’accoglienza dei bambini nati all’interno di una unione omosessuale inizia con la celebrazione del battesimo, rito di iniziazione alla vita cristiana, all’interno della comunità.
I ragazzi adolescenti non si sentono schiacciati, perché non interessati al giudizio della Chiesa. Il nodo problematico è che o esistono situazioni estreme di omofobia o quello che succede è che non si è contemplati, non ci si sente previsti dagli altri. A questo si può ovviare con un linguaggio differente più inclusivo, che non dia per scontato l’orientamento eterosessuale delle persone e un’accoglienza che passa anche attraverso una condivisione di spazi, luoghi per incontrarsi.
Attenzione al linguaggio anche verso i figli: per non far ricadere il peso di un giudizio sul bambino, non dare per scontato la presenza di una mamma e un papà. Avere attenzione al fatto che ci possono essere diverse famiglie.
Domanda 45
Svolgere la loro missione educatrice non è sempre agevole per i genitori: trovano solidarietà e sostegno nella comunità cristiana?
I genitori si accorgono delle difficoltà dei figli quando iniziano la scuola o iniziano le ribellioni. In quel momento non vengono a cercare nessuno, se non chi ha una funzione che coinvolge i figli (catechisti, insegnanti del doposcuola, preti). Formare questi operatori perché siano persone solide, aperte, in formazione permanente. Importante la possibilità di un confronto costante con i preti. Importante il sostegno della comunità.
Cambiare il modo di essere educatori nella chiesa. Un catechista deve avere un ruolo di educatore non solo nella dimensione religiosa. Diamo troppo peso alle parole e troppo poco ai fatti, alle esperienze vissute. Inserire nei percorsi educativi qualcosa di più fattivo. A bambini che hanno tutto, sanno tutto, far toccare la vita più da vicino.
Ogni bambino deve essere accolto così com’è. Il linguaggio deve cambiare in base a coloro che abbiamo davanti. I catechisti e gli educatori della comunità cristiana devono saper affrontare situazioni di difficoltà che oggi sono frequenti.
Educare è testimoniare con la vita ciò in cui credi: amore gratuito, libertà, … . Nella comunità parrocchiale è importante l’aria che si respira. Tutto concorre.
Quali percorsi formativi vanno suggeriti?
Favorire uno scambio tra i genitori: gruppi di genitori che possano sostenersi nell’azione educativa.
E’ importante iniziare quando i figli sono molto piccoli.
Coppie di riferimento per i genitori che battezzano i loro figli.
Quando i catechisti vanno a trovare la famiglia nella loro casa si crea un clima favorevole di dialogo e di scambio di esperienze e problematiche. L’esperienza positiva fatta con le famiglie in occasione del battesimo si potrebbe ripetere nelle fasi successive della catechesi.
Quali passi compiere perché il compito educativo dei genitori venga riconosciuto anche a livello socio-politico?
L’agire del cristiano è sociale e politico a tutto tondo. C’è un modo politico di gestire la propria vita: affrontare insieme i propri problemi. Ogni credente deve essere attento alla giustizia da affermare e ristabilire in ogni campo. Non è importante una specifica rivendicazione, ma l’atteggiamento di fondo.
Sono stati indeboliti i servizi socio-sanitari a favore della famiglia. Non la chiesa come tale, ma noi come cittadini possiamo lavorare nella direzione di un loro rafforzamento.