Una seconda casa di ospitalità e un’azione politica a sostegno di chi è senza casa
Le premesse
Dopo l’ospitalità di Amira e Samir, è nata in parrocchia una casa di ospitalità. In cinque anni abbiamo accompagnato tre famiglie: ciascuna ha fatto un cammino significativo di rafforzamento delle proprie capacità e due di queste ora vivono del loro lavoro in una casa in affitto. La terza ha subito una battuta di arresto nel lavoro a causa della pandemia e richiede nuovamente un tempo di accompagnamento.
Ci sono alcuni locali nella parrocchia che non utilizziamo a pieno e si prestano a diventare una seconda piccola casa di ospitalità.
Con l’esperienza dell’ospitalità e quella dell’ascolto, negli anni è cresciuta la nostra capacità di accompagnare sorelle e fratelli nel valorizzare le loro risorse personali, trovare lavoro e casa, ottenere il sostegno che il nostro sistema di protezione sociale prevede.
Si è allargata la rete delle persone disposte a coinvolgersi nell’accompagnamento e nel sostegno.
Possiamo contare sulla competenza professionale di alcune persone di Caritas Roma, con cui collaboriamo stabilmente.
L’assemblea Per loro non c’era posto nell’alloggio
Il 10 gennaio erano presenti in chiesa una trentina di persone e un centinaio hanno partecipato attraverso You Tube, in diretta o rivedendo la registrazione nei giorni immediatamente successivi.
Abbiamo ascoltato una lettura della situazione della povertà abitativa e delle opportunità che abbiamo di fare qualcosa, prima dal punto di vista della Caritas parrocchiale, poi da quello della Caritas diocesana, con il direttore Benoni Ambarus.
Le perplessità, che diverse persone hanno manifestato, sono state occasione per capire meglio la situazione e le nostre possibilità concrete. L’assemblea si è orientata ad aprire nel complesso parrocchiale una seconda casa di ospitalità e ad intraprendere un’azione politica di stimolo alle istituzioni, che hanno la responsabilità di rendere accessibile la casa a tutti i cittadini.
La seconda casa di ospitalità
Siamo partiti da una disponibilità di 7000 euro, offerti per questo progetto, e abbiamo iniziato i lavori.
Nel frattempo abbiamo precisato il preventivo di spesa che alla fine ammonta a 14800 euro. (Lavori edili 5050; cucina con elettrodomestici 2550; infissi 2450; arredi 2000 – in parte destinati all’altra casa di ospitalità; sanitari e rivestimenti per il bagno 1900; impianto elettrico 850.)
Anche le offerte sono cresciute: abbiamo a disposizione 9600 euro. Per portare a compimento il progetto dobbiamo trovare ancora 5200 euro.
Abbiamo aperto un nuovo conto bancario come strumento per l’esercizio della solidarietà da parte della comunità parrocchiale. L’IBAN su cui possiamo far confluire le nostre donazioni, specificando l’intenzione di contribuire alla nuova casa di ospitalità, è IT89 R 05034 03241 000000004734.
L’azione politica a sostegno dell’accesso alla casa
Stiamo preparando un seminario dedicato alla conoscenza della politica della casa nella nostra città. Crediamo che per fare un’azione politica realistica ed efficace sia necessario capire bene la situazione e le possibilità che il complesso sistema delle istituzioni offre. In aprile speriamo di poter realizzare in presenza questo seminario.
Intervento di Ben Ambarus direttore della Caritas (trascritto e non rivisto dall’autore)
Quando ero vice parroco ho fatto per tanti anni la marcia francescana con i frati minori. Si partiva il 25/26 luglio a piedi verso Assisi. Facevamo 120/160 chilometri a piedi, rigorosamente, con lo zaino. Si dormiva dove si trovava posto e questo viaggio fisico lentamente diventava un viaggio interiore. I primi giorni la cosa che sentivamo di più era il dolore del corpo, poi, lentamente, lentamente, i frati con le catechesi inducevano un po’ ad entrare in noi stessi ”ma che cosa cerchi veramente?” loro dicevano “andiamo alla piccola Porziuncola”, c’è una piccola casa, c’è un posto per te che Dio ha pensato presso il proprio cuore, rappresentato lì all’interno della Porziuncola, con questa casetta.
E poi dopo giorni interi di cammino, il giorno in cui si arrivava, la perdonanza di Assisi, il 2 di agosto, in fondo al vascone di S. Maria degli Angeli venivano accolti tutti i singoli gruppi. Si diceva da quale regione venivamo, quanti chilometri avevamo fatto e c’era questa frase “ben tornati a casa, potete baciare la terra”. La gioia che si può sperimentare in una situazione del genere, spiritualmente parlando, in cui tu entri in una casa, che è la casa del Padre, che è il cuore del Padre, dove ti senti pienamente accolto e che tu sai che ne puoi prendere dimora… poi tutto il resto dell’esistenza, lentamente si mette tutto a posto, come i pezzi di un puzzle. Prima la struttura poi gli altri pezzettini li metti a posto.
Da questo punto di vista 6/7 anni fa , ormai 8, del pontificato di Papa Francesco, fino a 8 anni fa era una cosa impensabile che le comunità cristiane cominciassero a dire “un piccolo spazio per accogliere i poveri e i diseredati della terra ce lo possiamo avere”: era una cosa impensabile. Sono passati 5 anni dal suo appello lanciato ad accogliere nelle parrocchie.
Noi (caritas) stiamo preparando un report, sarà pronto a giugno. Dall’inizio del pontificato di Papa Francesco è iniziato un processo in cui le comunità cristiane hanno cominciato a prendere consapevolezza che la Casa del Padre intesa come luogo di culto è il culmine dove si arriva per eccellenza all’incontro e alla Casa del Padre, ma che i luoghi della comunità cristiana, gli spazi, (oltre alla liturgia, alla catechesi e così via) sono luoghi dove va detto alle singole persone con la semplicità, con la delicatezza, con l’ascolto, con l’accoglienza, con il sostegno “appoggiati per qualche mese, ti accompagniamo, siamo una piccola locanda, riprendi le tue forze poi continuerai il tuo cammino fino a che non troveremo una sistemazione migliore”.
Questo processo è un processo molto bello, da rivoluzione perché il vangelo è sovversivo, bisogna che siamo onesti. Rovescia i nostri criteri, sovverte tutto e in un’epoca (e questo lo vedo provvidenziale, profetico, in un periodo in cui noi rischiamo che i nostri spazi parrocchiali, non voglio convincere nessuno di nulla, sto provando ad alzare un pochino oltre questa scelta particolare), in un periodo in cui noi rischiamo lo svuotamento e l’inutilità degli spazi fisici sta venendo fuori lentamente come i piccoli fiori di primavera, un modo nuovo, generativo, di vivere gli spazi. Per cui davvero poi questa crisi di appartenenza, di frequentazione ecclesiale, sta portando fuori un suo frutto: cioè che la Casa del Padre, lentamente, è sempre più abitata in maniera familiare dai figli più diseredati, dai figli più bisognosi e più poveri.
Io, te, noi che siamo i poveri e che veniamo qui da mendicanti tutte le volte a tendere la mano perché tendiamo la mano da mendicanti: è inutile che ce lo diciamo come se fosse il trono su cui si poggia Gesù, queste cose barocche, belle sì, ma in realtà è da mendicanti che veniamo qui. Con questa ottica su sollecitazione di Papa Francesco gli spazi delle comunità cristiane vivono questa specie di sfida: far per davvero diventare sempre di più spazi per i figli più deboli.
Bisogna rifletterci, pregare, affrontare le cose, confrontarsi. Bisogna solo partire da questo altrimenti sono propositi buoni. E’ grazia su grazia che ho ricevuto e il “va e fate questo in memoria di me” ci inchioda quotidianamente. “fate questo in memoria di me” cioè diventate pane per gli altri e aiutate gli altri a sedersi a tavola cioè “fate casa per loro, siate casa per loro come il cuore del Padre lo è per ciascuno di noi”. È quanto di più visceralmente evangelico può esserci.
Abbiamo pubblicato proprio oggi e sono 18 le parrocchie che fanno l’accoglienza per i l progetto “ero forestiero” ormai siamo passati a circa 16 parrocchie che faranno accoglienza per l’emergenza freddo, istituti religiosi… Ma fino a pochi anni fa questa cosa era difficile Era difficile che all’interno di una comunità parrocchiale si ospitassero le persone. Sono state occupate quelle parrocchie che hanno ospitato? No. Si sono verificati processi virtuosi di risurrezione delle persone prese in carico ma anche delle comunità perché i poveri se sono il sacramento di Cristo sono anche per noi fecondità e lievito di crescita.
Io lo dico ogni tanto ai sacerdoti e loro dicono “se vuoi una stanza..” io non cerco posti. I poveri, i fratelli più piccoli possono essere lievito per una comunità cristiana. Rinvigorirla di nuovo. Come un uomo e una donna che quando si sposano diventano padri o madri, la vita se la devono assumere pienamente perché ormai vivono in funzione di quel figlio che è appena nato.
Ma quanta ricchezza sviluppa la paternità e la maternità in termini di consistenza umana. Quanta ricchezza e quanto si impara sulla vita nel giorno in cui si diventa padre o madre. Ecco per una comunità cristiana essere fratelli, o padri o madri dei fratelli più piccoli è un enorme salto di crescita.
Diversamente noi rischiamo di trasformare ogni azione di carità in elemosina, facciamo un’opera di bene, facciamo un po’ di volontariato e “fare qualcosa” ma rischiamo di dimenticare, anzi di perdere la parte migliore che è “io faccio questa cosa perché come dice l’enciclica “fratelli tutti” (Ieri sera ho finito di leggerla per la seconda volta, è potente) siamo o non siamo tutti fratelli tra di noi? Lo siamo o non lo siamo? Allora dalla bellezza ricevuta c’è una bellezza donata in qualunque modo, basta che ci sia la fantasia.
I bisogni della città sono tanti e uno potrebbe dire come i discepoli “ma cos’è questo per tanta gente, cinque pani e due pesci”. Intanto fateli sedere, fate un primo passo. Grazie per ogni piccolo primo passo che riuscite a fare poi io sono sempre più convinto che in un epoca in cui la nebbia è talmente grossa, quando incontro delle persone che hanno le idee così chiare che dicono “fra cinque anni arriveremo a questo… “ io dico “beato te che hai queste certezze..”
Io ho la certezza dell’oggi, di piccoli segni dell’indicazione nella nebbia esistenziale di oggi. La società è in declino, la vita spirituale è in declino, la chiesa è in declino, la politica, tutto è in declino, ma come facciamo?. Ogni piccolo passo in avanti solo con questo desiderio “grazia su grazia ricevuta, è grazia su grazia donata” perché il dono non condiviso, dice il card. Martini, un dono di Dio che tu non condividi muore dentro di te e lui citava il Mar Morto. Lui diceva “se non condividiamo i doni, siamo come il Mar Morto. Tutti i mari del mondo danno e ricevono , l’unico mare in questo mondo che riceve senza dare è il Mar Morto. E’ uno scambio…